sabato 6 marzo 2010

IL DATORE DI LAVORO RISCHIA...............

CASSAZIONE/ AZIENDA NON SOTTOPAGHI APPROFITTANDO DI DISOCCUPAZIONE

Il datore rischia una condanna per estorsione

Roma, 11 lug. (Apcom) - L'azienda non può sottopagare i dipendenti e più in generale non può costringerli ad accettare condizioni di lavoro "contrarie alla legge", minacciandoli di fargli perdere il posto e "approfittando della situazione di mercato in cui la domanda di lavoro è di gran lunga superiore all'offerta".

È quanto si evince dalla sentenza numero 28682 depositata ieri dalla Corte di cassazione e con la quale è stata confermata la misura del divieto di dimora (quindi l'allontanamento dalla città, ndr) nei confronti di una imprenditrice siciliana che tenendo sotto scacco i lavoratori e minacciandoli di licenziamento li pagava meno di quanto era scritto in busta paga. In più di un'occasione la donna e gli altri soci avevano pagato i lavoratori e poi si erano fatti restituire una parte della somma. Per questo il Tribunale delle libertà di Palermo, a dicembre del 2007, li aveva allontanati dalla città applicando loro la misura coercitiva del divieto di dimora.

Contro l'ordinanza l'imprenditrice ha fatto ricorso in Cassazione ma senza successo: la seconda sezione penale ha infatti chiarito che "nel caso in cui il datore di lavoro realizzi una serie di comportamenti estorsivi nei confronti dei propri lavoratori dipendenti, costringendoli ad accettare trattamenti retributivi deteriori e non corrispondenti alle prestazioni effettuate e, in genere, condizioni di lavoro contrarie alla legge e ai contratti collettivi, approfittando della situazione di mercato in cui la domanda di lavoro è di gran lunga superiore all'offerta e, quindi, ponendo i dipendenti in una situazione di condizionamento morale, in cui ribellarsi alle condizioni vessatorie equivale a perdere il posto di lavoro, è configuarabile il delitto di estorsione".

Neppure un eventuale accordo fra datore e lavoratore di percepire una paga inferiore ai minimi retributivi salva il primo dal carcere. Infatti si tratta di una "minaccia ingiusta perchè è ingiusto il fine a cui tende e idonea a condizionare la volontà del soggetto passivo, interessato ad assicurarsi comunque una possibilità di lavoro, altrimenti esclusa per le generali condizioni ambientali".

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